Al 2020, che ormai a più voci è stato definito “annus horribilis” da qualsiasi analista, è seguito un 2021 che per molti versi, e per le piccole e medie imprese italiane, è coinciso con una forte ripartenza: la pandemia è ancora presente, ma economia e società stanno facendo registrare segnali incoraggianti. È quanto emerso dalla presentazione della ricerca realizzata su oltre 1300 imprese piemontesi appartenenti alla CNA, promossa da CNA Piemonte in partnership con UniCredit e condotta dal prof. Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all’Università di Padova, direttore scientifico di Research&Analysis di Community e responsabile scientifico del progetto Monitor Piccole Imprese di CNA Piemonte.

Nuove strategie e una quota di imprenditori fiduciosi in crescita

Il professor Marini ha evidenziato come i due semestri del 2021 per le PMI piemontesi hanno significato una netta inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti: “La tanto temuta fuoriuscita non è stata così rilevante e anche le imprese artigiane hanno fatto ricorso allo smart working. Il costo delle materie prime era già aumentato per l’80% a metà del 2021, non soltanto nell’anno nuovo e ciò nonostante le imprese hanno deciso di non scaricare sul prezzo gli aumenti, ma hanno ridotto i loro margini per non penalizzare i clienti. I mercati preferiti dalle PMI restano quelli locali, ma chi internazionalizza, specie le PMI con più dipendenti, guadagnano competitività. E l’indicatore di performance cresce”.

Per quanto riguarda le previsioni di fine anno, la stragrande maggioranza degli imprenditori intervistati si aspetta una tenuta rispetto al primo semestre. Per la prima volta dal 2018 il saldo sale in positivo. Ricorrendo ad una sintesi: il 2021 si è chiuso in modo assolutamente positivo. Se si chiede poi agli imprenditori quale sarà l’attività nei prossimi mesi, la risposta che molti di loro danno parla di una crescita o comunque una stabile tenuta.

Ma con quali strategie, per competere di più? Prevalentemente aggregandosi, mettendosi assieme. E affrontando il tema sostenibilità che ha fatto ampiamente breccia sebbene circa il 30% delle imprese non sa bene come fare e una parte minoritaria dichiara che la sostenibilità non è un obiettivo. Conclude Marini: “C’è un cauto ottimismo per il futuro, ma una crescente divergenza tra le imprese che ce la fanno e quelle in difficoltà, tanto che chi opera esclusivamente sul mercato domestico rischia di essere poco positivo rispetto a chi si è aperto a nuove filiere internazionali. Infine, gli investimenti in innovazione sono ancora contenuti. Preservare capitale umano e competenze, aggregarsi e innovarsi sono gli obiettivi”. 

Concetti e analisi che riprende e commenta il Presidente di CNA Piemonte Bruno Scanferla: “Gli spunti che questa ricerca ci ha dato ci consentono di poter meglio lavorare insieme alla Regione Piemonte e alle altre istituzioni alla creazione di politiche pubbliche a favore delle nostre imprese in un momento delicato come quello che stiamo vivendo.  Siamo infatti ben lontani dalla fine dell’emergenza. Qualora questo momento rappresentasse la fine della pandemia come l’abbiamo vissuta, l’emergenza per le nostre imprese permarrà ancora per un tempo che non siamo in grado di circoscrivere. Da imprenditore che lavora nel campo dell’automotive, settore in grande fermento, sia per tutte le difficoltà descritte precedentemente sia per la grande evoluzione che coinvolge il mondo dell’automobile, sono estremamente preoccupato e credo fermamente che si debba porre davvero grande attenzione alla programmazione delle risorse pubbliche, evitando facili annunci di ripresa. Restando con i piedi per terra, dobbiamo analizzare costantemente la situazione ed essere capaci e flessibili nella comprensione e nella reazione alle difficoltà che quotidianamente ci troviamo davanti”.

Il mondo delle imprese artigiane nel territorio – sottolinea Paola Garibotti, responsabile Regionale Nord Ovest di UniCredit –  rappresenta una solida realtà del sistema produttivo. Proprio per questo come UniCredit abbiamo costruito l’indagine Monitor con CNA, e siamo al 4° anno consecutivo, per misurare l’andamento del settore e per individuare i principali trend e le opportunità del territorio. UniCredit ha registrato una grande vivacità dell’economia reale”. 

Prosegue quindi Garibotti: “Lato corporate abbiamo concluso l’anno scorso nel Nord Ovest oltre mille operazioni di finanziamento per un totale erogato di oltre 1,1 miliardo di euro. Per quanto riguarda le piccole aziende UniCredit nel nord ovest ha erogato quasi mezzo miliardo in 6.500 operazioni, numeri significativamente superiori al pre-pandemia: nel 2019 infatti furono 6371 operazioni per 356 milioni. Molte delle risorse sono legate al rinnovo dei macchinari, aggiornare prodotti e produzioni, c’è una grossa ondata legata all’impatto ambientale come al finanziamento per costruire strutture immobiliari green”.

Ecco cosa emerge, in sintesi, dallo studio monitor:

Formazione e personale: si può migliorare nella prima, il secondo si cerca su internet

La quota di imprese artigiane che hanno fatto formazione non obbligatoria è inferiore alla media italiana, ma i numeri restano interessanti. Si tratta di formazione tecnica, digitale e in sicurezza: molto poco sulle competenze trasversali che quando svolta presenta comunque qualche difficoltà nella realizzazione. Così il tema della logistica, ossia il dove fare la formazione, è la principale criticità. Ma esiste anche un tema di organizzazione unito a quello della valutazione dei fabbisogni professionali.

E  proprio su questo punto, come scelgono il personale le imprese? Attraverso i centri per l’impiego molto poco: solo il 4% delle imprese lo fa. L’assunzione avviene prevalentemente attraverso il passaparola (31,9%) o addirittura il coinvolgimento dei dipendenti: una sorta di fai da te. Piacciono anche i sistemi digitali. E sul tema delle competenze richiese?

La ricerca oscilla tra un mix di abilità cognitive, competenza relazionali e abilità tecniche, ovvero fabbisogni professionali che tendono sempre più verso skills cosiddette soft.

Il tasso di innovazione resta moderato: si innova di più ma si spende di meno

Lo studio ha chiesto alle imprese piemontesi se è stata fatta innovazione di processo e di prodotto. Molte di esse hanno realizzato un’innovazione piuttosto significativa, ma quanto hanno investito? Questo dato va in controtendenza poiché in generale il livello degli investimenti tende a diminuire: si fa più innovazione ma con meno risorse. La metà degli intervistati non ha infatti investito più di 5000 euro di investimento. E chi investe oltre i 20.000 euro è  soltanto il 21%. Quasi tutte le imprese utilizzano fondi propri, con risorse accantonate. Anche se alle banche si rivolge un’impresa su due. Solo il  21,1% fa affidamento ai bandi di Industria 4.0. Aumenta l’indice del profilo digitale dal 21,5% al 46,8%, ma il 13% resta ancora in analogico, ossia senza un profilo digitale. Parlando di ricadute, anche queste non sono elevate e i risultati sono molto simili a quelli del 2018 poiché le strumentazioni utilizzate sono piuttosto basiche. Importante infine notare come l’introduzione del digitale in azienda non abbia portato a licenziamenti o riduzioni dell’occupazione. 

PNNR: anche per gli artigiani è ora di guardare con efficacia ai fondi pubblici

Grazie alle risorse provenienti dall’UE col PNRR, anche per il mondo artigiano è questo il momento di spingere sull’acceleratore, puntando dritto verso i processi di digitalizzazione e innovazione, per uno sviluppo strutturato e al passo con i tempi della nostra economia.  

Gli imprenditori oggi chiedono informazioni e un aiuto nell’intercettare i fondi del PNNR. UniCredit ha costituito una task force dedicata e strutturata per supportare le 6 mission del PNRR (digitalizzazione, innovazione, competitività cultura e turismo; rivoluzione green e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità sostenibile; educazione e ricerca; inclusione e coesione; healthcare). La task force coinvolge aree di business, fabbriche prodotto del Gruppo, gestione dei rischi e strutture dedicate ad accompagnare le imprese nell’accesso ai fondi europei grazie a strumenti di finanziamento dedicati alla realizzazione di progetti innovativi e sostenibili.

L’occupazione resta stabile ma le previsioni rimangono caute

I livelli occupazionali, all’interno delle ditte artigiane e delle piccole imprese nel primo semestre 2021 sono rimasti – per la grande maggioranza dei casi (72,0%) – sostanzialmente stabili. Nel contempo, però, la differenza fra chi ha aumentato il proprio organico (12,0%), rispetto a chi l’ha diminuito (16,0%), vede prevalere i secondi, generando così un saldo negativo (-4,0) che, pur rimanendo in campo negativo, migliora di molto rispetto a quanto rilevato nel 2020 (-27,6) e negli anni precedenti.

Le previsioni sul futuro dell’occupazione delle ditte artigiane e delle piccole imprese, com’è facilmente intuibile, sono improntate alla cautela. E comprensibilmente, considerato il recente passato della crisi pandemica.

I quattro quinti degli interpellati (81,1%) presumono di non assumere o licenziare personale entro la fine del 2021. Nello stesso tempo, però, i pochi che intendono incrementare la platea dei collaboratori (8,5%) sono leggermente inferiori a quanti prevedono di doverla diminuire (10,4%), realizzando un saldo negativo: -1,9, che in ogni caso è il dato meno negativo in assoluto rispetto agli anni precedenti.

I costi delle materie prime e i prezzi dei prodotti finiti aumentano. I rincari energetici diventano un fattore

I costi di approvvigionamento per le imprese sono aumentati in modo significativo per una parte cospicua (81,3%) delle interpellate, in una misura eccezionale rispetto a tutte le rilevazioni precedenti. Mentre solo per il 17,4% sono rimasti stabili nell’ultimo periodo e per una quota marginale (1,3%) sono diminuiti. Il saldo sale a +80,0, nettamente più elevato rispetto agli anni precedenti.

Non rientra ancora del tutto nel report congiunturale delle PMI piemontesi, ma il tema dell’esplosione del costo dell’energia è di stretta attualità. Lo cita, in conclusione, anche l’assessore regionale piemontese Matteo Marnati: Ci siamo accorti che dipendere sempre dagli altri non sia così comodo. Se in certi anni, penso agli anni ‘80 e ‘90, poteva essere un’opportunità delocalizzare le produzioni e approfittare dei costi minori di alcuni Paesi, oggi non è più così. Il rincaro dell’energia, l’emergenza dell’aumento del gas, temi sui quali dipendiamo dall’estero, creano un grave problema al sistema economico e imprenditoriale e la Regione non può fare per giunta più di tanto poiché si tratta di un problema di emergenza nazionale. E così, per contro, il modello di autosufficienza sta entrando nel sistema culturale delle istituzioni e soprattutto delle imprese. Importare dalla Cina costa più che produrre in Italia e credo che tornare a farlo sia un’opportunità importante specie se collegata all’utilizzo dei fondi europei”.

 

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