Secondo i dati di Unioncamere Piemonte le previsioni occupazionali prevedono un calo delle assunzioni: il trend appare negativo sia a livello mensile (-3.910 entrate rispetto a luglio 2023, per una variazione tendenziale del -11,5%), sia su base trimestrale (-8.380 assunzioni rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente).

Il 53,4% delle assunzioni programmate per il mese di luglio riguarda imprese di micro e piccola dimensione (1-49 addetti), il 20,3% realtà di medie dimensioni (50-249 addetti) e il 26,1% grandi aziende (250 dipendenti e oltre).

Si conferma elevato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a luglio è difficile da reperire il 51,2% dei profili professionali ricercati, quota in calo rispetto a un anno prima, ma in lieve aumento rispetto al mese di giugno 2024. L’incidenza delle posizioni lavorative che rischiano di restare scoperte in Piemonte è, ancora una volta, più elevata rispetto alla media nazionale (48,4%).

Le difficoltà di reperimento sono legate in primo luogo alla mancanza di candidati (35,5%, stabile rispetto a luglio 2023), cui segue l’inadeguata preparazione degli stessi (11,8%, quota in calo rispetto a un anno fa).

Delio Zanzottera, Segretario Regionale di CNA Piemonte, commenta: «Ancora una volta dobbiamo manifestare la nostra preoccupazione di fronte a dati che evidenziano un trend negativo sull’occupazione. Oltre a ciò osserviamo come i risultati del nostro Rapporto Monitor sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro, unito a un fabbisogno formativo sempre più crescente, stiano creando serie difficoltà agli artigiani e alle piccole e medie imprese. In questo senso chiediamo il potenziamento di strumenti come le Academy regionali che possono, se adeguatamente rafforzate, contribuire non solo a colmare il fabbisogno formativo ma anche a diminuire il mismatch tra domanda e offerta lavorativa».

Giovanni Genovesio, Presidente di CNA Piemonte afferma: «Condivido la preoccupazione, ma il tema non può essere semplicemente legato alle assunzioni e all’occupazione. In pochi prendono in considerazione l’aspetto della produttività: a un basso costo del lavoro corrisponde non solo bassa produttività ma anche minore remuneratività degli investimenti e minori profitti. Pur lavorando più ore, stando ai dati Ocse relativi alla media dei salari di un lavoratore a tempo pieno equivalente, nel 2022 lo stipendio medio in Italia si è fermato a quota 31.500 euro lordi annui contro i 45.500 della Germania ed i 41.700 della Francia».

«Questo dato è strettamente legato alla lenta crescita della produttività del lavoro a partire dal 1995 circa. Un rallentamento, comune a molti Paesi, che è stato aggravato dai problemi interni dell’Italia, che vanno dal funzionamento del settore pubblico, agli scarsi investimenti in tecnologia soprattutto da parte delle piccole e medie imprese, alla mancanza di meritocrazia e ad un sistema che deve valorizzare e incentivare maggiormente la contrattazione collettiva di primo e secondo livello. Le micro e piccole imprese possono recuperare efficienza solo puntando all’innovazione, alle nuove tecnologie, alla formazione del lavoro e dell’imprenditoria».

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