Il Piemonte e l’Italia ritornino a essere alleati dei giovani, dell’impresa e dei giovani che vogliono fare impresa”. È questo l’appello del presidente di CNA Piemonte Giovani Imprenditori, l’imprenditore biellese Andrea Valentini.

I numeri, infatti, non sono dalla parte degli under 35 che decidono di creare la propria azienda. Ai giovani sta passando la voglia di fare impresa, il Covid ha dato il colpo di grazia, ma se vogliamo garantire un futuro all’Italia e al Piemonte occorre invertire la tendenza. Lo dice uno degli ultimi rapporti di Unioncamere Infocamere aggiornato alla fine del 2020, quindi al termine del primo periodo pandemico.

In 10 anni sono mancate all’appello quasi 156mila imprese giovanili, con un calo del -22,4%. Il risultato è che a fine 2020 si contano circa 541 mila imprese giovanili iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di commercio contro le 697mila presenti nel 2011. E se prima un’impresa su 10 era under 35 ora il peso dei giovani sul tessuto imprenditoriale è sceso all’8,9%. È quanto emerge dall’indagine Unioncamere-InfoCamere sulla nati-mortalità delle imprese, secondo cui la crisi pandemica ha certamente contribuito a frenare la voglia di fare impresa dei giovani, che tradizionalmente incide per quasi un terzo sulle nuove iscrizioni. Solo nel 2020 si sono perse 18.900 nuove imprese giovanili rispetto al 2019, con una perdita del 18,0% contro il -16,9% delle altre imprese.

Come CNA siamo molto attenti alla nascita delle nuove imprese giovanili perché oltre il 90%, come confermano anche i dati, sono delle microimprese. E in tutte le province piemontesi, un imprenditore su dieci è un giovane o una giovane. Siamo pronti ad affiancare i giovani imprenditori e le giovani imprenditrici nel loro percorso, ma abbiamo bisogno che enti e istituzioni regionali considerino le associazioni di categoria interlocutori per la creazione di tavoli e politiche di sostegno”, spiega Valentini. La presenza degli assessori regionali Andrea Marnati e Andrea Tronzano alla finale del premio Cambiamenti, oltre alle attività successive con il tavolo per le startup sono primi passi verso un percorso di concertazione.

Altro discorso importante è la mortalità delle nostre imprese – aggiunge Valentini -. Sappiamo che in questi tempi che spingono sull’innovazione e sulla digitalizzazione, le imprese dei giovani e le startup possono diventare risorse non solo per il mercato, ma anche per le partnership con imprese consolidate che devono innovare processi e prodotti. Perdere per strade idee, competenze e voglia di fare impresa, potrebbe compromettere anche tutto il tessuto imprenditoriale esistente anche nel medio e lungo periodo”.

Lo “spopolamento” dell’imprenditoria giovanile dell’ultimo decennio  ha colpito maggiormente i  settori tradizionali delle costruzioni, del commercio e dell’industria manifatturiera, sia in valore assoluto che relativo. Nel primo, in dieci anni si è praticamente dimezzato lo stock delle imprese edili under 35 esistenti alla fine del 2011, passate da 135mila a poco più di 65mila unità alla fine del 2020 (69mila imprese in meno, pari ad una riduzione nel decennio del 51,8%). Nel commercio, la riduzione è stata di circa 50mila unità (-25,5%) e nelle attività manifatturiere di poco più di 17mila (-36,8%). Consistenti, in termini relativi, anche le riduzioni fatte registrare dai comparti delle attività immobiliari (-31,2%) e del trasporto e magazzinaggio (-24,9%). Ad espandersi (+3mila imprese nell’intero periodo, +14% in termini relativi) è stato il solo comparto dei servizi alle imprese.

Ma di fronte al Covid i giovani imprenditori si mostrano più resilienti e sembrano guardare al futuro con maggiore positività rispetto agli altri colleghi. Secondo un’indagine del Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne sull’impatto della pandemia sull’attività 2020 dell’imprenditoria giovanile, il 43% dichiara di non avere avuto perdite di fatturato contro il 36% delle altre imprese. E chi ha perso terreno ha maggiori aspettative di recupero. Il 68% delle imprese under 35 manifatturiere prevede infatti un ritorno ai livelli produttivi del pre-covid entro il 2022, contro il 60% delle altre imprese. Una percentuale che sale al 75% per gli imprenditori giovani che hanno investito in industria 4.0.  A conferma che il digitale è un potente acceleratore di competitività. Più in particolare in questo decennio le imprese giovanili sono calate di 16 punti in più rispetto alla riduzione della popolazione giovanile tra i 18 e i 34 anni (-22,4% contro – 8%). A fronte di questa forbice il rapporto tra imprese giovanili e popolazione giovanile ha perso mediamente un punto per ogni anno passando dal 61,5‰ del 2011 al 51,9‰ del 2020.

Mentre negli anni pre Covid, uno dei maggiori problemi per l’imprenditoria giovanile era la sopravvivenza delle imprese, secondo i dati raccolti dal 2011 al 2018, quando riescono a superare la fase di avvio, i giovani “under 35” sono più resistenti rispetto agli altri imprenditori. Inoltre, un’impresa giovanile su 3 chiude i battenti nei primi 5 anni di vita e di queste quasi la metà non supera il biennio. Il risultato è che in otto anni si sono perse 122mila imprese “under 35”, portando a quota 575mila l’esercito delle iniziative imprenditoriali guidate da giovani.

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